attorno, et essendo in mez[z]o la Fortuna, viene talvolta l’Invidia a esser sopra essa Fortuna e Virtù, e d’altra parte la Virtù sopra l’Invidia e Fortuna, sì come si vede che aviene spesse volte veramente. Dintorno nelle facciate sono la Copia, la Liberalità, la Sapienza, la Prudenza, la Fatica, l’Onore et altre cose simili; e sotto attorno girano storie di pittori antichi, di Apelle, di Zeusi, Parrasio, Protogene et altri, con varii partimenti e minuzie, che lascio per brevità. Feci ancora nel palco d’una camera di legname intagliato Abram in un gran tondo, di cui Dio benedice il seme e promette multiplicherà in infinito; et in quattro quadri, che a questo tondo sono intorno, feci la Pace, la Concordia, la Virtù e la Modestia. E perché adorava sempre la memoria e le opere degli antichi, vedendo tralasciare il modo di colorire a tempera, mi venne voglia di risuscitare questo modo di dipignere, e la feci tutta a tempera; il qual modo per certo non merita d’esser affatto dispregiato o tralasciato. Et all’entrar della camera feci, quasi burlando, una sposa che ha in una mano un rastrello, col quale mostra avere rastrellato e portato seco quanto ha mai potuto dalla casa del padre; e nella mano che va innanzi, entrando in casa il marito, ha un torchio acceso, mostrando di portare, dove va, il fuoco che consuma e distrugge ogni cosa.
Mentre che io mi stava così passando tempo, venuto l’anno 1548 , don Giovan Benedetto da Mantoa, abate di Santa Fiore e Lucilla, monasterio de’ monaci Neri Cassinensi, dilettandosi infinitamente delle cose di pittura et essendo molto mio amico, mi pregò che io volessi fargli nella testa di uno loro refettorio un Cenacolo, o altra cosa simile. Onde risolutomi a compiacerli, andai pensando di farvi alcuna cosa fuor dell’uso comune; e così mi risolvei, insieme con quel buon Padre, a farvi le nozze della reina Ester con il re Asuero, e il tutto in una tavola a olio, lunga quindici braccia, ma prima metterla in sul luogo e quivi poi lavorarla. Il qual modo (e lo posso io affermare che l’ho provato) è quello che si vorrebbe veramente tenere, a volere che avessono le pitture i suoi proprii e veri lumi: perciò che infatti il lavorare a basso, o in altro luogo che in sul proprio dove hanno da stare, fa mutare alle pitture i lumi, l’ombre e molte altre proprietà. In quest’opera adunque mi sforzai di mostrare maestà e grandezza, comeché io non possa far giudizio se mi venne fatto o no: so bene che il tutto disposi in modo che con assai bell’ordine si conoscono tutte le maniere de’ serventi, paggi, scudieri, soldati della guardia, bottiglieria, credenza, musici et un nano, et ogni altra cosa che a reale e magnifico convito è richiesta. Vi si vede fra gl’altri lo scalco condurre