E’ questo un momento cruciale, sia per l’archivio Spinelli (che la Soprintendenza archivistica per la Toscana aveva inutilmente cercato di rintracciare sin dal 1975), che per l’archivio Vasari. Infatti Leone Rasponi Spinelli – nipote di Luciano in quanto figlio del fratello di lui, Carlo, il deputato del Regno che aveva avuto un ruolo determinante nella vendita dei diritti di pubblicazione dei manoscritti vasariani al governo tedesco – prima di morire nel 1952, senza figli, aveva sposato Flora Romano, sorella della moglie di Giovanni Festari.
Alla morte della Romano, avvenuta l’8 aprile del 1985, Giovanni Festari, che dal 1981 ne era stato nominato tutore dal Tribunale di Pisa, eredita il patrimonio Rasponi Spinelli.
A quest’epoca, tuttavia, erano già successi due fatti importanti di cui al momento non si avvertì a pieno la portata, ma che si riveleranno determinanti per la sorte e le future vicende dei due archivi Vasari e Spinelli.
Nel febbraio del 1981 la Soprintendenza archivistica per la Toscana aveva trovato sul mercato antiquario un nucleo di carte Baldocci Spinelli e lo aveva acquistato per conto del Ministero, destinandolo all’Archivio di Stato di Firenze. Nel contempo, aveva ripreso i tentativi, già fatti in precedenza, per identificare e contattare i proprietari dell’archivio Spinelli e per chiedere di poterlo vedere.
Nel marzo del 1984, quando sarà finalmente possibile concordare una visita alla villa di Murlo (San Casciano Val di Pesa), al funzionario della Soprintendenza verranno mostrati solo degli scaffali vuoti. Nell’occasione, Giovanni Festari, nella sua qualità di tutore della Flora Romano, dichiarerà che l’archivio Spinelli si trovava lì fino al 1980 e che successivamente ladri rimasti ignoti avevano saccheggiato la villa, trafugando, tra le altre cose, anche le carte.
Nell’ottobre-novembre del 1988 da vari articoli comparsi sulla stampa italiana si veniva a sapere che l’archivio Spinelli era in America. L’Università di Yale, nell’aprile dello stesso anno, lo aveva infatti acquistato in blocco “da un ignoto antiquario svizzero” per la propria biblioteca (Beinecke Library), scoprendo che al suo interno risultavano conservati anche documenti concernenti Giorgio Vasari. Di questi ultimi, nel giugno del 1989, verrà pubblicato il regesto con una breve nota introduttiva, ad opera del direttore della sezione manoscritti della Beinecke Library, Robert Babcock, e dell’archivista Diane Ducharme.
All’atto della sua “migrazione” in Svizzera, che verosimilmente si compie negli anni dal 1980 al 1988, l’archivio Spinelli non era dichiarato di notevole interesse storico, mentre le tre unità documentarie “ Vasari” (nn. 34, 35 e 66), sfuggite al deposito perpetuo del 1921, erano comprese nella dichiarazione di importante interesse emanata nel 1917. Il tutto era stato comunque portato via clandestinamente dall’Italia, violando l’articolo unico della Legge 8 agosto 1972 n. 487 che vieta l’esportazione dal territorio della Repubblica di archivi o singoli documenti (anche se non dichiarati di notevole interesse storico), senza la preventiva autorizzazione della Soprintendenza archivistica che esercita la funzione di Ufficio di esportazione.
Insomma, negli anni in cui alla proprietà Rasponi Spinelli subentra quella Festari dal territorio italiano esce illecitamente l’archivio di una delle più cospicue famiglie fiorentine (gli Spinelli, tra l’altro, erano stati nel XV secolo tesorieri pontifici), con al suo interno anche tre filze Vasari! Non è stato semplice per l’amministrazione archivistica e per la Procura della Repubblica di Firenze ricostruire i termini esatti di questa vicenda che ancora oggi presenta alcuni passaggi non del tutto chiari e controversi. Il progetto di recuperare e far tornare in Italia queste carte, già tentato negli anni Novanta del Novecento, è stato di recente ripreso dalla Direzione Generale Archivi, che ha attivato una rogatoria internazionale per “esportazione illecita” ed è riuscita ad acquisire la documentazione relativa alla compra-vendita svizzera. Il procedimento è tutt’ora in corso.
Il 20 settembre del 1990 Giovanni Festari, tramite i suoi legali, intenta causa al Comune di Arezzo, chiedendo che il deposito perpetuo dell’Archivio Vasari, disposto nel 1921 dal conte Luciano Rasponi Spinelli, venga dichiarato nullo.
A sostegno di questa sua richiesta solleva alcune questioni destinate ad essere ciclicamente ‘agitate’ e riproposte, fino ad oggi, anche dai suoi eredi: l’archivio Vasari, custodito nell’omonimo Museo statale di Arezzo, sarebbe mal conservato, mancherebbe addirittura di alcuni documenti e, per di più, non sarebbe stato mai valorizzato adeguatamente.
Nella campagna dai toni scandalistici scatenata sulla stampa nell’ottobre del 1990 e nella denuncia alla Procura della Repubblica di Firenze del novembre successivo oltre a riferire, se pur in maniera non del tutto esatta, i termini della questione “Archivio Vasari”, Festari parla dell’acquisto, da parte dello Stato, delle carte Baldocci Spinelli, chiedendo di conoscere “tutte le modalità di acquisizione delle carte Rasponi Spinelli” (sic!) che ribadisce essere state fino all’anno 1980 in possesso della famiglia. Non accenna mai, però, al fatto che l’archivio Spinelli si trova ormai negli USA.
In questo stesso periodo, collegata all’eventuale applicazione della Legge 2 agosto 1982, n. 512 che prevede che in pagamento e/o a scomputo delle tasse di successione si possano cedere beni culturali allo Stato, sorge un’altra questione, destinata anch’essa ad essere più volte affrontata e discussa nel corso degli ultimi trent’anni, in particolare nelle numerose procedure esecutive che hanno avuto ad oggetto l’Archivio Vasari (a causa della situazione debitoria della proprietà) e che a tutt’oggi costituisce il nodo centrale della procedura d’esproprio.
Si tratta del valore economico o ‘di mercato’ da attribuire all’archivio Vasari. In merito le parti in causa hanno avuto, sin dall’inizio, posizioni molto diverse, appoggiate ad altrettanto diverse perizie, redatte da antiquari, da esperti di archivi e di commercio documentario, nonché da singoli studiosi, cultori di storia e di storia dell’Arte in particolare.
Frattanto, con provvedimento del 23 marzo 1991, n. 610, viene rinnovata per l’archivio Vasari la dichiarazione di notevole interesse storico e l’8 marzo del 1994 un decreto del Ministro dei Beni Culturali riconosce che : “le Carte Vasari … sono vincolate alla Casa Vasari con vincolo pertinenziale iure publico”. Il che significa che la casa costruita ed affrescata da Vasari e le sue carte personali, lì conservate con gli altri documenti del suo archivio familiare, costituiscono un complesso di testimonianze unitario, che non può essere smembrato, in quanto destinato, in quella configurazione ‘originaria’, alla fruizione pubblica.
Ne consegue, in altre parole, che l’archivio Vasari non può essere conservato, in maniera permanente, in una sede diversa dalla Casa Museo e che, in virtù della dichiarazione di notevole interesse storico (che, peraltro, è stata emanata per tanti altri archivi privati), esso non può essere diviso, né può essere venduto all’estero, ma solo all’interno del territorio nazionale, sempre che sia osservata la procedura prevista dalla legislazione in materia di archivi, vigente al momento.
In virtù di questi provvedimenti il Ministero dei beni culturali, per il tramite dei suoi Istituti periferici, ha sull’archivio il diritto di prelazione, quello di procedere ad interventi conservativi, anche imposti, il diritto-dovere di assicurarne la custodia, la conservazione, la consultazione per motivi di studio, la fruizione pubblica e la valorizzazione. Il concreto esercizio di questi diritti, che, per quanto sanciti dalla legislazione vigente sui beni culturali, non sono stati mai effettivamente accettati dalla proprietà, ha fatto sì che la tutela di questo patrimonio documentario risultasse sempre più faticosa.
La causa intentata da Giovanni Festari al Comune di Arezzo in merito al “deposito perpetuo” si conclude nel 2000 in Corte di Appello di Firenze con la sentenza n. 691, che dispone la revoca del deposito perpetuo del 1921, rimandando ad un ulteriore procedimento la verifica della cattiva conservazione lamentata dalla proprietà e la conseguente quantificazione del danno economico da essa eventualmente subìto. A seguito di questa sentenza, il Comune di Arezzo riconsegna formalmente a Giovanni Festari l’archivio Vasari che, però, per gli effetti del vincolo pertinenziale emesso dal Ministero nel 1994, rimane conservato nel Museo statale di Casa Vasari.
Nel primo ventennio del 2000 vengono avviate dai creditori della famiglia Festari tre diverse procedure esecutive (2004/2008; 2009/2011 e 2014/2017), con relativo pignoramento dell’archivio, nel corso delle quali Consulenti Tecnici Unici nominati dal Tribunale di Arezzo sono chiamati a stabilire il valore di mercato dell’archivio. L’ultima di queste stime, presentata nel febbraio 2017 dal Consulente Tecnico Unico del Tribunale di Arezzo, fissa questo valore in euro 2.000.000 (due milioni).
Va detto che le procedure esecutive, che in due casi giungono fin quasi all’asta, vengono tutte interrotte dalla sopravvenuta disponibilità della famiglia Festari ad estinguere i relativi debiti.
Una di queste procedure esecutive è avviata da Equitalia nel maggio del 2009 per debiti dei Festari con l’erario. Nel corso di questa vicenda si verificano due fatti importanti:
- il 9 luglio 2009 viene recapitata alla Soprintendenza archivistica della Toscana la denuncia di trasferimento per la vendita dell’archivio Vasari a compratori russi, in particolare ad una Società a responsabilità limitata denominata Ross Engineering, rappresentata da Vasily Stefanov. Prezzo indicato per la compravendita: 150 milioni di euro. Gestisce l’affare, in veste di “Procuratore unico per la vendita dell’archivio Vasari” nominato da Giovanni Festari, tal Enrico De Martino, il cui appoggio economico aveva a suo tempo permesso a Giovanni Festari di interrompere la procedura esecutiva degli anni 2004/2008.
- il 17 ottobre dello stesso anno Giovanni Festari muore. Sono chiamati all’eredità i figli Leonardo, Tommaso, Francesco ed Antonio che si ritrovano con una procedura esecutiva e con una vendita milionaria in corso.
Nel frattempo la Soprintendenza archivistica per la Toscana dà avvio alle comunicazioni agli Enti previste dalla procedura di prelazione e, contemporaneamente, agli accertamenti previsti dalla legge. Da questi però, emergono lacune sostanziali relative all’identificazione del soggetto acquirente e alla regolarità degli atti. Di conseguenza, nel marzo del 2010 la Soprintendenza dichiara incompleta e quindi “non avvenuta e priva di ogni effetto di legge” la denuncia di trasferimento dell’archivio Vasari, e ne trasmette la documentazione alla Procura della Repubblica di Roma.
Il 19 marzo 2010 il Sostituto Procuratore emette un ordinanza di sequestro preventivo dell’archivio (confermato dal GIP in data 23 aprile) e procede all’incriminazione di Enrico De Martino per la falsità delle firme presenti sugli atti presentati alla Soprintendenza, confermata da una perizia calligrafica.
L’archivio Vasari verrà dissequestrato solo nel dicembre del 2010, a seguito del ritiro, da parte degli eredi Festari, della procura e del mandato a De Martino e della sua rinuncia all’incarico di Procuratore.
Il fallimento della tentata vendita ai russi contribuisce a peggiorare i rapporti tra la proprietà e lo Stato, accusato di aver fatto andare in fumo un affare milionario e, quel che è peggio, introduce nelle vicende della tutela dell’archivio Vasari elementi inquietanti ed opachi, personaggi terzi, di cui non è facile comprendere gli interessi e le reali motivazioni. Sta di fatto che da quel momento in poi l’archivio sarà frequentemente associato a qualche altro ‘affare’, che può essere, a seconda dei casi e dei tempi, l’acquisto di terre in Romania (di cui l’Archivio costituirebbe pegno), o progetti di sfruttamento economico delle carte concepiti anche in collaborazione con soggetti estranei al settore dei beni culturali. Dal 2010 in poi i proprietari adottano una strategia composita: da un lato mettono in atto azioni aggressive ed intimidatorie (interruzione di visite guidate all’archivio, irruzione nel Museo di Casa Vasari con la pretesa di portare via le carte, campagne diffamatorie sulla stampa locale) che cessano solo dopo l’intervento del Giudice; dall’altro presentano ‘improbabili’ protocolli d’intesa. Come avviene nel luglio del 2010 quando, per il tramite del loro legale, presentano alla Soprintendenza archivistica per la Toscana una bozza di accordo con alcune richieste, quali: la rinuncia del Ministero al diritto di prelazione, il riconoscimento della validità della vendita ai russi, la concessione preventiva ai fratelli Festari di gestire autonomamente l’archivio, anche attraverso l’esportazione temporanea dei documenti.
Tali richieste, formulate in palese contrasto con le norme del Codice dei Beni Culturali, sono state ritenute irricevibili, sia dalla Soprintendenza archivistica, che dall’Ufficio Legislativo del Ministero.
L’esproprio dell’archivio Vasari, decretato dalla Direzione Generale Archivi nell’aprile del 2018, ha avuto lo scopo di sottrarre questo patrimonio documentario ad utilizzi che non gli sono propri, evitandogli di incorrere ancora in vicende che niente hanno a che fare con la sua natura di bene culturale e, quindi migliorandone la tutela, la valorizzazione e la pubblica fruizione.