Questi, nella prospettiva di morire senza eredi, era giunto nel 1685 ad una transazione con la Fraternita di Santa Maria della Misericordia di Arezzo (N. Baldini, Libro 2015), già nominata da Vasari erede universale, in base alla quale aveva ottenuto di poter vendere alcuni beni mobili dell’eredità (si parlava di quadri, argenti e bestiami) a titolo di indennizzo per le spese sostenute dalla famiglia per il mantenimento della medesima. Questa transazione costituisce un passaggio cruciale, sia per la dispersione della collezione di opere d’arte di Vasari (N. Baldini, Libro 2015) sia per il destino dell’archivio della famiglia, ivi comprese le carte di Giorgio.
Il testamento di Francesco Maria (4 dicembre 1686) (N. Baldini, Libro 2015), mentre disponeva la vendita dei beni mobili dell’eredità vasariana individuati nella transazione con la Fraternita, così da costituire un fondo per dotare fanciulle povere, nominava esecutori testamentari il sacerdote Giuseppe di Lorenzo Gigliozzi e il senatore Bonsignore di Tommaso Spinelli. E fu appunto quest’ultimo, che tra i due era senz’altro il personaggio più autorevole e potente – già membro dei Nove Conservatori, rivestiva in quegli anni la carica di Provveditore generale delle Decime del Granducato – a trattenere presso di sé per le necessità dell’esecuzione testamentaria, l’archivio della famiglia Vasari che, invece, sarebbe dovuto andare alla Fraternita nella sua qualità di erede universale. Nell’archivio infatti (che all’epoca era ben lungi dall’essere considerato un “bene culturale”) erano conservati i documenti che comprovavano tutti i diritti di proprietà sui beni immobili che dai Vasari erano passati alla Fraternita, in virtù delle disposizioni testamentarie di Giorgio.
L’archivio dei Vasari, e con esso le carte dell’artista aretino, rimase dunque “dimenticato” nell’archivio Spinelli per lungo tempo. Sappiamo che nel 1791 questi documenti furono individuati ed elencati da Francesco Cavini, incaricato dagli Spinelli di fare l’inventario e l’ordinamento del loro archivio, ma nessuno, in tutto questo tempo ne avvertì l’importanza o ne rivendicò la proprietà …
La situazione cambiò radicalmente nei primi giorni del febbraio 1908 quando Giovanni Poggi, allora Direttore del Museo del Bargello e appassionato studioso, chiese ed ottenne dal conte Luciano Rasponi Spinelli di poter consultare il suo archivio per certe sue ricerche sul chiostro di S. Croce.
L’archivio Spinelli, per ammissione del suo stesso proprietario, era in grande disordine; un disordine che, confermato anche dalla testimonianza del Poggi (D. Fratini, Libro 2015), dice e spiega molte cose anche delle vicende successive (non ultimo il fatto che 3 filze Vasari possano essere sfuggite al successivo deposito del 1921, di cui si dirà a breve).
Scrive Poggi sulle circostanze del ritrovamento:
Da questo momento la vicenda si complica perché, di fronte al desiderio del Poggi di trascrivere e studiare i documenti scoperti, il conte Luciano Rasponi Spinelli e suo fratello Carlo, deputato del Regno, oppongono un netto rifiuto, maturando l’intendimento di promuovere invece un’edizione delle lettere vasariane a scopi commerciali. Di lì a poco si viene a sapere che i Rasponi Spinelli hanno venduto i diritti di pubblicazione di queste carte allo studioso tedesco Karl Frey, sostenuto finanziariamente dal suo governo (contratto del 1 aprile 1910). Il fatto suscita roventi polemiche, alimentate anche dai rispettivi nazionalismi. La questione, assurta agli onori della stampa nazionale, non manca di smuovere, nell’imminenza delle celebrazioni del IV centenario della nascita di Vasari, anche le più che tranquille acque della città di Arezzo.
I Rettori della locale Fraternita di Santa Maria della Misericordia o dei Laici, sollecitati dal parere di alcuni studiosi che sostengono che l’archivio Vasari spetta di diritto alla pia istituzione, il 20 gennaio del 1912 decidono di richiedere all’Avvocato Ulderigo Mazzocchi un parere legale circa i diritti della Fraternita “su quella preziosa raccolta”, al fine di rivendicarla.
Nel frattempo, il 30 luglio del 1911, il Parlamento nazionale aveva approvato una legge con la quale autorizzava il Governo “ad acquistare e sistemare a Museo Vasariano la casa che fu di Giorgio Vasari in Arezzo” e si era cominciato ad auspicare da più parti, in primis da Giovanni Poggi, che
Altro atto rilevante per la tutela della memoria vasariana è quello adottato da Giovanni Poggi nel 1917, nella sua veste di Soprintendente alle Regie Gallerie (carica che assunse dal 1913): egli fa dichiarare, ai sensi della Legge 20.6.1909 n. 364, che
Giovanni Poggi confuta anche con varie argomentazioni l’opinione dell’archeologo aretino Giovan Francesco Gamurrini che, dopo aver sostenuto i diritti della Fraternita sull’archivio Vasari, aveva cambiato idea sostenendo che, in quanto bene mobile, l’archivio fosse stato acquistato dallo stesso Bonsignore Spinelli nel corso delle vendite disposte dal testamento di Francesco Maria ed effettuate dai suoi esecutori testamentari.
Né Poggi né Gamurrini potevano sapere che la risposta stava proprio in un registro conservato nell’archivio Vasari che nessuno studioso, all’epoca, aveva ancora avuto l’opportunità di studiare. Si tratta del registro Entrata e uscita dell’eredità di Francesco Maria Vasari segnato A (Museo Casa Vasari Arezzo, Archivio Vasari, 29 (63)) in cui è riportato l’elenco di tutti i beni mobili venduti, su incarico degli esecutori testamentari, dalla Banca dell’Incanto del Magistrato dei Pupilli della città di Firenze competente, a quel tempo, a curare questo genere di operazioni. In questo elenco, oggi pubblicato integralmente (N. Baldini, Libro 2015), non c’è traccia dell’archivio.
Il contratto di acquisto della casa del Vasari, stipulato il 3 settembre del 1914, e la sua effettiva consegna al Demanio dello Stato, avvenuta il 22 settembre del 1915, avvengono agli inizi di quell’immane tragedia che fu, per l’Europa e l’Italia, la prima guerra mondiale. La questione dell’accordo con il conte Luciano Rasponi Spinelli per un’eventuale consegna dell’archivio Vasari al Comune di Arezzo, rimasta sospesa nel periodo bellico, viene ripresa nel febbraio del 1921. Nell’imminenza di un accordo in tal senso, il Comune di Arezzo chiede al Magistrato di Fraternita di autorizzare il Sindaco Carlo Nenci ad intervenire alla stipula del contratto di consegna in “deposito perpetuo” dell’archivio Vasari al Comune di Arezzo, anche in nome e in rappresentanza della pia istituzione. La Fraternita si rivolge all’Avvocato Giovan Battista Guiducci per avere un parere legale circa il proprio diritto a rivendicare la proprietà delle carte. La risposta positiva del legale, che per di più consiglia la Fraternita di non intervenire in alcun modo all’atto di deposito perpetuo, rischia di far fallire le trattative in corso e di impegnare la Fraternita in un contenzioso lungo e costoso. La mediazione del Sindaco, che fa presente al primo Rettore della Fraternita tutti i rischi connessi ad una rivendica della proprietà (non ultimo il rifiuto dello Spinelli a consentire al deposito “perpetuo” dell’archivio), induce il Magistrato della pia istituzione a deliberare, il 23 marzo del 1921, la rinuncia
Il 30 luglio del 1921, nell’atto con cui il conte Luciano Rasponi Spinelli acconsente al “deposito perpetuo” dell’archivio Vasari al Comune di Arezzo (che lo conserverà nella casa aretina dell’artista sistemata a Museo vasariano, “a vantaggio degli studi patrii e per il decoro della letteratura e dell’arte italiana”) il Sindaco Nenci, munito di apposita delega della Fraternita, rinuncia a qualsiasi diritto di proprietà potesse eventualmente spettare a quest’ultima. Contestualmente, si specifica che l’archivio concesso in “deposito perpetuo” al Comune di Arezzo rimane di proprietà del conte Luciano Rasponi Spinelli e dei suoi eredi.
Dal “deposito” del 1921 rimangono escluse, forse per un errore involontario conseguente al cattivo stato di ordinamento e conservazione dell’archivio già lamentato dal Poggi, tre unità documentarie “Vasari” contrassegnate, nel corso dell’inventariazione settecentesca dell’archivio Spinelli, con i numeri 34, 35 e 66. Queste unità hanno seguito il destino dell’archivio Spinelli: già conservato nella villa di Murlo di proprietà Rasponi Spinelli, venne esportato illegalmente dal nostro paese negli anni Ottanta del Novecento, in circostanze non ancora chiarite, e acquistato in Svizzera da emissari dell’Università di Yale. Attualmente l’archivio Spinelli, con le 3 unità Vasari residue, é oggi conservato presso la Beinecke Library. Dopo vari tentativi di rientrarne in possesso, nel 2017 il Mibac ha attivato una rogatoria internazionale per la restituzione.
Nonostante questa lacuna, allora rimasta inavvertita, la soluzione del “deposito perpetuo” sembra contentare tutte le parti in causa : Il Rasponi Spinelli che vede così riconosciuto un diritto di proprietà altrimenti non dimostrabile, la Fraternita che evita un contenzioso lungo e difficile, il Comune di Arezzo e gli organi dello Stato allora preposti alla tutela che possono riunire l’archivio Vasari, finalmente destinato ad un uso pubblico, al resto delle memorie dell’artista aretino, conservate nella sua casa, eretta in Museo.
Artefice della prima sistemazione museale e, di pari passo, dell’inventariazione, dell’edizione e della valorizzazione dei documenti vasariani, realizzate anche con la pubblicazione della rivista “Il Vasari”, é Alessandro Del Vita, “Conservatore” della casa Museo dal 1927 al 1961. La sua opera, non esente da limiti scientifici, prestata, però, con continuità ed impegno notevoli, malgrado una certa indifferenza delle istituzioni pubbliche ed una conseguente penuria di mezzi, fu preziosa, anche nelle emergenze del secondo conflitto mondiale, per conservare e trasmettere, pressoché intatto, lo straordinario complesso di beni culturali che gli era stato affidato.