della corte, cavalli, liofanti e giraffe; e per la capella, in varii luoghi sparsi, Profeti, Sibille, Evangelisti in atto di scrivere. Nella cupola, overo tribuna, feci 4 gran figure che trattano delle lodi di Cristo, e della sua stirpe e della Vergine; e questi sono Orfeo et Omero con alcuni motti greci, Vergilio col motto Iam redit et virgo etc., e Dante con questi versi:
Tu sei colei che l’umana natura
Nobilitasti sì, che il suo fattore
Non si sdegnò di farsi tua fattura,
con molte altre figure et invenzioni, delle quali non accade altro dire. Dopo, seguitandosi intanto di scrivere il detto libro e ridurlo a buon termine, feci in S. Francesco d’Arimini, all’altar maggiore, una tavola grande a olio, con un S. Francesco che riceve da Cristo le stìmate nel monte della Vernia, ritratto dal vivo; ma perché quel monte è tutto di massi e pietre bigie, e similmente S. Francesco et il suo compagno si fanno bigi, finsi un sole, dentro al quale è Cristo con buon numero di Serafini: e così fu l’opera variata, et il Santo con altre figure tutto lumeggiato dallo splendore di quel sole, et il paese aombrato dalla varietà d’alcuni colori cangianti, che a molti non dispiacciono, et allora furono molto lodati dal cardinale Capodiferro, legato della Romagna. Condotto poi da Rimini a Ravenna, feci, come in altro luogo s’è detto, una tavola nella nuova chiesa della Badia di Classi, dell’Ordine di Camaldoli, dipignendovi un Cristo deposto di croce in grembo alla Nostra Donna. E nel medesimo tempo feci per diversi amici molti disegni, quadri et altre opere minori, che sono tante e sì diverse che a me sarebbe difficile il ricordarmi pur di qualche parte, et a’ lettori forse non grato udir tante minuzie.
Intanto, essendosi fornita di murare la mia casa d’Arezzo, et io tornatomi a casa, feci i disegni per dipignere la sala, tre camere e la facciata, quasi per mio spasso di quella state. Nei quali disegni feci fra l’altre cose tutte le provincie e ‘ luoghi dove io aveva lavorato, quasi come portassino tributi, per i guadagni che avea fatto con esso loro, a detta mia casa; ma nondimeno per allora non feci altro che il palco della sala, il quale è assai ricco di legnami, con tredici quadri grandi, dove sono gli Dei celesti, et in quattro angoli i quattro Tempi dell’anno, ignudi, i quali stanno a vedere un gran quadro che è in mezzo, dentro al quale sono, in figure grandi quanto il vivo, la Virtù che ha sotto i piedi l’Invidia e, presa la Fortuna per i capegli, bastona l’una e l’altra; e quello che molto allora piacque si fu che, in girando la sala