e per conferirmi alcuni suoi pensieri, io andassi con la detta tavola a Roma, ma sopratutto per discorrere sopra la fabrica di San Piero, la quale mostra di avere a cuore sommamente. Messomi dunque a ordine con cento scudi che per ciò mi mandò, e mandata innanzi la tavola, andai a Roma. Dove, poi che fui dimorato un mese, et avuti molti ragionamenti con Sua Santità, e consigliatolo a non permettere che s’alterasse l’ordine del Buonarruoto nella fabrica di San Piero, e fatti alcuni disegni, mi ordinò che io facessi per l’altar maggiore della detta sua chiesa del Bosco, non una tavola come s’usa comunemente, ma una machina grandissima, quasi a guisa d’arco trionfale, con due tavole grandi, una dinanzi et una di dietro, et in pezzi minori circa trenta storie piene di molte figure, che tutte sono a bonissimo termine condotte. Nel qual tempo ottenni graziosamente da Sua Santità (mandandomi con infinita amorevolezza e favore le bolle espedite gratis) la erezione d’una cappella e decanato nella Pieve d’Arezzo, che è la cappella maggiore di detta Pieve, con mio padronato e della casa mia, dotata da me e di mia mano dipinta, et offerta alla Bontà Divina per una ricognizione (ancorché minima sia) del grande obligo c’ho con Sua Maiestà per infinite grazie e benefizî che s’è degnato farmi. La tavola della quale, nella forma, è molto simile alla detta di sopra: il che è stato anche cagione in parte di ridurlami a memoria, perché è isolata et ha similmente due tavole, una già tocca di sopra, nella parte dinanzi, e una, della istoria di S. Giorgio, di dietro, messe in mezzo da quadri con certi Santi, e sotto in quadretti minori l’istorie loro, che di quattro è sotto l’altare in una bellissima tomba i corpi loro, con altre reliquie principali della città. Nel mezzo viene un tabernacolo assai bene accomodato per il Sacramento, perché corrisponde a l’uno e l’altro altare, abellito di istorie del Vecchio e Nuovo Testamento, tutte aùpproposito di quel misterio, come in parte s’è ragionato altrove.
Mi era anche scordato di dire che l’anno innanzi, quando andai la prima volta a baciargli i piedi, feci la via di Perugia per mettere a suo luogo tre gran tavole, fatte ai monaci Neri di San Piero in quella città, per un loro refettorio. In una, cioè quella del mezzo, sono le Nozze di Cana Galilea, nelle quali Cristo fece il miracolo di convertire l’acqua in vino; nella seconda, da man destra, è Eliseo profeta, che fa diventar dolce con la farina l’amarissima olla, i cibi della quale, guasti dalle coloquinte, i suoi Profeti non potevano mangiare; e nella terza è S. Benedetto, al quale annunziando un converso, in tempo di grandissima carestia e quando apunto mancava