di pietra, fatti con mio disegno, ho fatto per monsignor reverendissimo Alessandro Strozzi, vescovo di Volterra, mio vecchio et amorevolissimo padrone, un Cristo crucifisso, secondo la visione di Santo Anselmo, cioè con sette Virtù, senza le quali non possiamo salire per sette gradi a Gesù Cristo, et altre considerazioni fatte dal medesimo Santo; e nella medesima chiesa per l’eccellente maestro Andrea Pasquali, medico del signor Duca, ho fatto in uno di detti ornamenti la Ressurrezione di Gesù Cristo in quel modo che Dio mi ha inspirato, per compiacere esso maestro Andrea, mio amicissimo.
Il medesimo ha voluto che si faccia questo gran Duca nella chiesa grandissima di Santa Croce di Firenze: cioè che si lievi il tramezzo, si faccia il coro dietro l’altar maggiore, tirando esso altare alquanto innanzi e ponendovi sopra un nuovo ricco tabernacolo per lo Santissimo Sacramento, tutto ornato d’oro, di storie e di figure; et oltre ciò che, nel medesimo modo che si è detto di Santa Maria Novella, vi si faccino quattordici cappelle a canto al muro, con maggior spesa et ornamento che le sudette, per essere questa chiesa molto maggiore che quella; nelle quali tavole, accompagnando le due del Salviati e Bronzino, ha da essere tutti i principali misterii del Salvatore dal principio della sua Passione insino a che manda lo Spirito Santo sopra gl’Apostoli. La quale tavola della missione dello Spirito Santo, avendo fatto il disegno delle cappelle et ornamenti di pietre, ho io fra mano per messer Agnolo Biffoli, generale tesauriere di questi signori e mio singolare amico. Ho finito, non è molto, due quadri grandi, che sono nel magistrato de’ Nove Conservadori a canto a San Piero Scheraggio: in uno è la testa di Cristo e nell’altro una Madonna.
Ma perché troppo sarei lungo a volere minutamente raccontare molte altre pitture, disegni, che non hanno numero, modelli e mascherate che ho fatto, e perché questo è a bastanza e davantaggio, non dirò di me altro, se non che, per grandi e d’importanza che sieno state le cose che ho messo sempre innanzi al duca Cosimo, non ho mai potuto aggiugnere, nonché superare, la grandezza dell’animo suo, come chiaramente vedrassi in una terza sagrestia ch’e’ vuol fare a canto a San Lorenzo, grande e simile a quella che già vi fece Michelagnolo, ma tutta di varii marmi mischi e musaico, per dentro chiudervi, in sepolcri onoratissimi e degni della sua potenza e grandezza, l’ossa de’ suoi morti figliuoli, del padre, madre, della magnanima duchessa Leonora, sua consorte, e di sé. Di che ho io già fatto un modello a suo