Ha pubblicato la prima e la seconda edizione delle Vite, che ha chiuso con l’Autobiografia, ed ha realizzato alcuni dei suoi interventi architettonici più arditi, che hanno cambiato il volto della Firenze medievale: la ristrutturazione di Palazzo Vecchio, la costruzione degli Uffizi e quella del Corridoio vasariano; ha curato, nel luglio del 1564 con Vincenzo Borghini l’apparato per le esequie di Michelangelo e, nell’estate del 1565, quello per le nozze del principe Francesco con Giovanna d’Austria.
Nel testamento redatto il 25 maggio 1568 Vasari si preoccupa di annullare tutti quelli fatti in precedenza e di assicurare, con una serie di minuziose e stringenti disposizioni, la sopravvivenza e la trasmissione ai posteri della memoria di sé e della sua famiglia: per salute et comodo et perpetuità della Casa dé Vasarii.
Si affida per questo, in primo luogo, alla sua eventuale discendenza diretta e poi ai figli del fratello Piero e ai loro discendenti; et caso che mancassi la linea dé figlioli di ser Piero dispone che tutti i suoi beni mobili e immobili (compresa la casa di S.Vito che non deve essere guastata nelle sue proporzioni neanche con sopramattoni) vadano alla Fraternita di Santa Maria della Misericordia di Arezzo, con proibizione, però, per tutti gli eredi, di vendere, impegnare o permutare o affittare per lungo tempo i beni stabili dell’eredità.
All’epoca in cui Vasari redige il suo testamento la Fraternita di Santa Maria della Misericordia o dei Laici di Arezzo, in favore della quale testavano in genere i cittadini più illustri, vantava già un’esistenza plurisecolare. Chi dunque meglio della pia Istituzione poteva garantire, con la conservazione dei beni materiali dell’eredità vasariana, anche quella della memoria del suo testatore? Le cose non andarono proprio così, come si potrà vedere seguendo la storia dell’eredità vasariana, nella parte di questo sito ad essa dedicata.
Christus
In Dei nomine Ammen. Anno Domini nostri Iesu Christi ab salutifera incarnatione MDLXVIII die vero XXV Maii.
Io Giorgio di Antonio di Giorgio Vasarii, cittadino aretino, et al presente pictore et architettore dello Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Cosimo de’ Medici, secondo Duca di Fiorenza et Siena etc.
1. Considerando che non aviano cosa più certa della morte et come quello che ho riceuto dal grande Iddio tanti doni, et particolarmente quello dello aver cogniosciuto quanto son vane le speranze di coloro che credono perpetuarsi in questo mondo, et avendo più volte fatto dal 1558 in qua diliberatione delle cose mie per doppo la morte, et avendo lassato per iscritti autentichi che molte cose si facessino, è piaciuto alla bontà di Iddio tenermi vivo, che a tutto ho quasi dato perfectione: et da che ho poi veduto cresciere le mie facultà, ho mutato volere, come apare ancora un testamento fatto da me sotto 18 di aprile 1558, et un altro sotto 17 di marzo 1560 negli Innocenti di Fiorenza, e’ quali insieme con altri che si trovassino tutti anullo et voglio che questo fatto questo giorno soprascritto sia quello che sia il vero et legittimo, per avere io molto meglio considerato a molte cose per salute et comodo et perpetuità della Casa de’ Vasarii, pregando il Signore Dio che mi illumini la mente, mentre che distendo il presente scritto per mia ultima volontà, acciò possa usare quella carità verso il prossimo mio, che ha usato la Maestà divina verso di me con tanti beneficii, pregando in però gli esecutori di questo testamento che in vita hanno mostro d’essermi fideli amici che anche doppo la morte sieno observatori et conservatori di questa mia volontà et che inviolabilmente non manchino a fare osservare quanto qui sotto dirò et scriverrò di mia mano propria.
2. In prima raccomando al grande Iddio l’anima mia et che per sua pietà et meriti della passione di Giesù Cristo, suo figliolo, la collochi in paradiso fra l’anime beate, degnie della gratia sua.
3. Lasso per mia eredi i miei figlioli legittimi et naturali, sostituendoli per fidei conmisso in infinito, et essendo femine ne disponghino della dote con rispetto delle facoltà, col consiglio degli Esecutori del presente testamento. E se fussino femmine sole nate di me le instituisco nella metà di tutte le mie facultà. E se fussino più d’una femina, le instituisco ne’ tre quarti.
4. Et se io lassassi doppo di me figlioli maschi et femine voglio che sieno governati dalla madre volendo star con loro, et che si tenghi conto delle facoltà et se ne disponga senpre col consiglio degli Esecutori del testamento massime nelle cose d’inportanza, fino che hanno anni tredici, né possino mai cacciar la madre di casa né da nessuno rivedegli conto delle cose passate innanzi alla mia morte, o mentre vedovarà o starà con loro, o a chi si apartenessi questa eredità gli possa dimandar delle cose passate cosa alcuna.
5. E caso che io non avessi figlioli maschi né femine legittimi, instituisco e’ figlioli di ser Pietro mio fratello, legittimi et non legittimati nati et da nasciere, così maschi come femine, in fidei commisso con questi carichi che diremo di sotto, et caso che i figli[o]li di ser Piero morissino, et vivessino le femine sole, in questo caso voglio che a ciascuna sia dato per dota fiorini mille et da mille in su tutto quello che piacerà alla discretione degli esecutori di questo testamento, non passando fiorini quatrocento et se fussi una femina sola in questo caso faccino la volontà loro fin che eglino giudicheranno il bene di quella fanciulla.
6. Et caso che mancassi la linea de’ figlioli di ser Piero et in questo caso instituisco per mia eredi la Pia Casa della Fraternita di Santa Maria della Misericordia della città di Arezzo, con questi carichi et legati che a suo luogo si diranno, et che inviolabilmente per ogni tempo non manchino di quanto io ordino per questo presente testamento, obligandogli alla conservatione di tutto quello che si lassa de’ beni et case, che sarà in custodia loro per acrescer le facultà et augumentalle et non le diminuire lassandogli esegutori di tutti questi legati et che effettualmente veghino ogni anno i miei figlioli se io ne avessi et non avendo quegli di ser Piero eseguiscano i legati che io lasso e’ quali vivendo loro sieno obligati et non li facendo possino detti Rettori eseguirgli loro dichiarando però che detta Fraternita abbia avere ogni anno dal dì della mia morte staia 25 di grano ogni anno, posto nella Città d’Arezzo. Et caso che lla eredità vengha in lei, staia cinquanta de’ quali ne possa disporre a beneplacito de’ signori Rettori in quelle elemosine a’ poveri che più piacerà loro stanziandoli la mattina di San Giorgio per memoria mia.
7. Et in caso che la Niccolosa figliola di Francesco Bacci, mia moglie, non avessi figlioli et volessi rimaritarsi possa fin ch’ella piglia marito per ispatio di 18 mesi stare in casa mia né possa eser mai cacciata né rivedutogli conti delle cose che ha ministrate mentre è stata in mia conpagnia vivente io. Et volendo vedovare passato e’ 18 mesi, dichiari che non volendo più marito et facendo vita vedovile et onesta in questo caso voglio che in casa mia segli consegni la metà della casa et dell’orto, con quelle masseritie oportune al suo bisognio a suo piacimento e queste l’abbi per inventario per lassarle doppo la morte sua alla eredità, con intervento degli Esecutori del testamento e se li dieno con quella discretione che sia giusta et degnia del lor giuditio et dellla (sic) coscientia loro per istare onoratamente, come si conviene al grado suo et mio.
8. Et in caso ch’ella avessi figlioli per non aver a ritochar più questo testamento et che piacessi a Dio dagli questa gratia che fussino nati di me voglio ch’ell’abia a godere la metà delle mie entrate vivente lei l’altra metà goda e’ figlioli et doppo la morte di lei tornino a’ sua et miei figlioli con fidei comisso come di sopra. Et in caso che morendo io senza figlioli voglio che tutte le cose che si trovano fatte per uso di detta Niccolosa così veste di panno, drappo, pelliccie, fodere, panni lini et cose sottili per suo dosso et similmente perle, gioie, anella, catene, maniglie, sien sue libere, così uno sparvieri di panno, uno di drappo et dua lini con dua letti forniti del tutto, et un quadro di Nostra Donna, a suo piacimento. Così duo letti per la villa etc. et così ogni anno staia cento di grano et un porco. Et così la possessione di Capucciolo, posta a San Polo con tutta la tenuta delle selve, vignie et quanto fu conpero da Giovannagniolo calzolaio, della quale ella ne sia mentre ch’ella viverà padrona asoluta et doppo la morte sua torni alla eredità mia, né possa dimandar niente se ella vi facessi bonificamenti, alla eredità.
9. Et in caso che detta Niccolosa si volessi rimaritare abbia avere per l’ususfrutto della sua dota confessata da me doppo uno anno o diciotto mesi che ella vedoverà in casa mia per l’usufrutto dico et panni neri o altra cosa che detta Niccolosa potessi dimandare alla mia eredità. Voglio ch’ell’abbia fiorini cinquecento, di lire 4 soldi 5 per fiorino da pagarsegli per gli mia eredi in danari contanti o di quello che parrà agli Esecutori del testamento non toccando però né le case né beni: et non ci essendo il modo si paghi tenpo per tenpo delle entrate in que’ tenpi che si può et senza guastar gli ordini degli altri legati. Et inoltre perché la dote di detta Niccolosa fu fiorini 800, di lire 4 soldi 5 per fiorino et non essendosi riscossa tutta come si vederà a’ pagamenti né meno auto mai e’ frutti, voglio che detta Niccolosa non possa adimandare altro né stringniere detta eredità, se non per quella quantità che io ho auta, né possa dimandar altro, altro. Et caso che quella parte di suo dota la volessi in beni non ci essendo danari contanti segli consegni in beni dove più gli piacerà, ma essendoci danari segli paghino contanti et in questo caso come di sopra non possi adimandar altro. Et contrafacendo a questo ch’io ordino s’intenda priva di poi che arà auto la dota et contra dota d’ogni lascio o dono che io gli facessi per questo testamento. Et in caso ch’ella non si voglia rimaritare rimanendo in casa mia voglio, come si dirà nel capitolo de’ Tutori et Curatori del testamento ella sia con esso loro esecutrice di questa mia volontà.
10. Et in caso che io morissi innanzi che da me fussi posto in sullo Spedale degli Innocenti di Fiorenza scudi cinquecento di lire 7 per iscudo sia obligato la mia eredità a mettervegli subito, i quali voglio che i frutti di detti scudi 500 servino per elementare Anton Francesco, nato di Isabella mora, serva già di casa mia, allevato da quella casa. Et fino che arà 18 anni stia a obedientia del Priore et da 18 anni in su segli abino i detti scudi 500 a consegniare col rispendergli in tanti beni de’ quali non ne possa disporre fino alla età di 30 anni. Et morendo detto Anton Francesco in questo mezzo restino al detto Spedale degli Innocenti di Fiorenza.
11. Item che la capella dello altar magiore, intitolata in San Giorgio della Pieve d’Arezzo, eretta et fatta da me, voglio che gli esecutori con ser Pietro mio fratello, e gli eredi in perpetuo faccino eseguire ogni obligo come sta la bolla fatta da Papa Pio V circa a l’obligo del Decano; et caso che alla mia morte non fussi conpero tanti beni et chonsegniati al Capitolo et Canonici della Pieve d’Arezzo per la distributione del Decanato, delle staia cento di grano obligati oggi in su’ poderi di Frassineto, si abbiano in termine del tenpo, concessoci da papa Pio V, a conperar tanti beni che faccino ogni anno le dette staia 100 di grano, o de’ danari, che si troverranno alla morte mia, o ogni anno delle entrate di detta eredità et questo si facci con l’intervento di messer Cosimo Pistrini, al presente Decano di detta Pieve et curatore et capellano di detta capella, acciò i beni di Frassineto venghino liberi da questo carico.
12. Item voglio che a detta capella si celebri ogni anno in perpetuo il giorno della festività di san Giorgio . XV . messe piane con la messa grande a detto altare, nella qual festa debbino intervenire i signori Rettori della Fraternita come esecutori di questo testamento insieme con tutti e’ ministri loro et gli esecutori del testamento che saranno in Arezzo et gli atinenti di casa mia et si dia a’ detti Rettori un pinochiato per uno con cialdoncini et trebbiano, nella qual refectione si spenda scudi dua d’oro et si dia al sagrestano di detta pieve un pinochiato et lire una et a’ cherici di detta sagrestia un giulio per uno et fiaschi quatro di vino acciò parino la chiesa come fanno per le pasque et aconcino la capella et lo altare secondo l’altre volte et quel più che parrà al Decano. Et il giorno seguente si celebri a detta capella in detta Pieve messe cinquanta per rinovale della mia morte con dua orationi, una per me l’altra per gli altri defunti della Casa de’ Vasari per e’ quali io voglio che quando la eredità verrà nella Fraternita sieno messe cento con il medesimo obligo et a ciascheduno si dia de’ preti che cellebrerano o un carlino o un torchietto di cera gialla che sia della medesima valuta et a detto ufitio si trovino i signori Rettori personalmente come esecutori di detto testamento insieme co’ i parenti di Casa Vasari et le messe 50 non si potendo celebrare in un giorno possino secondo che parrà agli Esecutori farle dire in dua doppo il primo giorno nel secondo con cera condecente secondo che parrà loro et nella festa di cera biancha rimettendo tutto a l’ordine che ne daranno detti Esecutori et ser Pietro mio fratello et il Decano di detta Pieve et Capellano di detta Capella.
13. Item voglio ch’el corpo mio si conduca doppo la morte in Arezzo et sia sepellito a’ piedi di detta capella o nelle scale dinanzi dov’è disegnato il sepolcro dove sia scritto il nome mio, overo nella cassa di mischio sotto l’altare di dreto col medesimo nome. Et volendo fare gli Esecutori del testamento altri ornamenti abbino in questo caso a mia spese far tanto quanto e’ disegnieranno. Et perché detta capella è padronato, come dichiara la Bolla di Casa Vasarii, prima ne’ maschi poi nelle femine, a’ quali tocha a far la eletione del Decano a’ quali si ricorda loro che la volontà mia è che si faccia electione di persone buone, dotte et se massime sene sarà in Casa Vasari che lo meritassino si dia loro et finita la linea sucede questo carico come scritto nella Bolla a farne electione alli signori Rettori della Fraternita a e’ quali si dichiara che se non li eleghino di buon costumi et di lettere et virtù caschi la electione a chi sarà allora Vescovo d’Arezzo. Voglio ancora che quando l’eredità abbia il modo non avendogli fatti io che detta Capella et altare sia fornita di paramenti come pianete, camisci, tovaglie, paliotti, e in ispatio di . X . anni col farci ancora una pianeta con le sue tonicelle, piviale et vesticiole da leggio et paliotto dinanzi di velluto rosso a spese della eredità così un calice grande. Et quando bisogniassi per servitio di detto altare et capella et sua conservatione spendere alcuna cosa l’anno voglio che la mia eredità sia obligato a farlo. Et tutte queste spese si faccino di mano in mano le più necessarie et i detti signori Rettori possino vedere le dette entrate col tener conto di queste spese acciò non gravassino però tanto la eredità ma si facci con consiglio del Decano, che n’ha aver cura et salvar lui queste cose et con i tutori di detto testamento che tutto ha a tornare in onor de Dio et utile della Chiesa.
14. Item lascio che si dia ogni anno a suor Caterina, mia nipote monacha in San Marcho di Arezzo, figliola della Lucretia mia sorella, staia dieci ogni anno di grano et morta lei finisca et si dia poi staia cinque ogni anno a detto monasterio ogni volta che detta eredità viene nella Casa della Fraternita con carico di 4 messe ogni anno per l’anima de’ defunti di Casa Vasari.
15. Il medesimo si lascia a suor Verginia, suor Diodata et suor Teodosia mie nipoti monache nel monasterio di San Benedetto d’Arezzo figliole della Rosa mia sorella a ciascuna le medesime staia dieci di grano, 30 in tutto, et che ciascuna delle sua . X . ne possa far la volontà sua et sien tenute ogni anno far dire 12 messe con ufitio de’ morti per l’anime de’ defunti di Casa Vasari. Et morte loro finisca et venendo nella Fraternita la eredità abbi il monasterio di Sancto Benedetto staia quindici di grano col medesimo obligo delle messe come di sopra. E perché s’è auto a queste fanciulle et al fratello oggi morto doppo la morte di Andrea Sabatini lor padre a sovenille et dar loro la dote per farle monache che tutto è uscito da me et avendo ser Pietro mio fratello, venduto loro un canpo a messer Iacopo Rasi, cittadino aretino, voglio in questo caso che dette fanciulle monache non possino dimandare né a ser Pietro né alla eredità niente, così della casa che fu già loro nel borgho di San Benedetto quale ho data al Decanato della Pieve in dota per essere tutto entrato in parte delle spese fatte et per loro et per il fratello. Et semai per tenpo nessuno o loro o le monache di San Benedetto dimandassino niente o ’l monasterio s’intenda tutto questo essere ito in conto della dote data loro et altre spese fatte da me et non s’intenda che io abbi dato loro niente, et perdino le 30 staia di grano et in vita et doppo la morte.
16. Item caso che la Rosa mia sorella doppo la morte di Grigorio Pecori suo marito non volessi star con Vanni suo figliolo né rimaritarsi, voglio in questo caso che abbi il ritorno di casa mia et gli sia dato una camera et datogli da vivere mentre arà vita condecentemente et tutto dalla mia eredità et sia fatto tutto discretamente da e’ tutori di questo testamento. Et caso che fussino in disparere sia dichiarato da’ signori Rettori della Fraternita d’Arezzo.
17. Item che avendo io donato alla Verginia figliola della Lucretia mia sorella la dote per maritarsi, et alla Victtoria, sua sorella et mia nipote la dote per farsi monacha in nel monasterio di Santa Crocie d’Arezzo et avendo avere scudi 80 prestati da Guaspari Punini lor padre et mio cogniato oggi morto, i quali danari voglio che della eredità sua Lutio suo figliolo et mio nipote gli abbia a dare alla … sua minore sorella oggi in serbo in San Marco apresso alla suor Caterina sua sorella volendosi far monacha o maritata se già Iddio non mi dessi tanta vita che io potessi provedegli et questo s’intenda oltre a quello che gli darà lui per suo dota, et facendosi detta … monacha voglio che lei mentre viverà abbi avere staia dieci di grano ogni anno et parimenti suor Vittoria sua sorella, in Santa Crocie monacha, dieci altre con i medesimi carichi delle 4 messe ogni anno per ciascuna per l’anime de’ defunti de’ Vasari. Et caso che morendo io et questa fanciulla cresciessi et si volessi maritare et non far monacha, si pigli scudi dugento della eredità et si mettino in sugli Innocenti di Fiorenza a sei per cento fino a che arà anni 17, che faranno la sonma di fiorini 500, tanto che con quello che li darà Lutio et questi si potrà maritare.
18. Item che se figlioli di Vanni Pecori et Lutio Punini mia nipoti che allora la eredità arà levatosi molti carichi datorno avessino dalla natura ingegnio da potere far frutto o negli studii delle lettere o nella picttura et architettura et volessino atendere a queste virtù voglio che per potere star fuori dalla città in luogo da inparare segli dia per ciascuno staia quaranta di grano et questo di mano in mano vada ne’ figlioli de figlioli in stirpe ogni volta che sia dichiarato da i tutori o da’ Rettori della Fraternita i quali lo eseguischino quando viene la eredità in loro nella distributione de’ primi legati, (in margine sinistro, essendo stato cancellato il testo:) perché intendo detto legato aver luogo quando la eredità vengha nella Fraternita, et non altrimenti.
19. Et a cagione che questi legati possino avere l’intera perfectione, avendo sostituito per non aver io figlioli maschi et femine né figlioli di ser Pietro mio fratello, et poi esecutori di questo testamento gli signori Rettori come di sopra, dico che quando ogni anno aran finito di satisfare delle entrati (sic) i presenti legati, voglio per mantenimento de’ beni che queste facultà siene unite né mai si possino dividere, vendere né inpegniare o barattare, ma ordino che signori Rettori della Fraternita faccino per loro Proveditore tre volte l’anno ogni 4 mesi vedere tutti e’ beni con lor fiumi et fossati, fossi, argini et altre cose che possano danneggiare dette possessioni et vedute detto Pro[vedito]re referire a’ signori Rettori e’ quali o[r]dinino che si ripari con l’entrate di detta eredità quanto fa di bisognio et abbi andare con detto Pro[vedito]re uno degli atinenti di detta eredità et per detto effetto abbia avere la Fraternita scudi tre per distribuirli per questo efetto come piacerà loro acciò detti beni non declinino né patischino anzi vadino in augmento.
20. Item che la casa di san Viti posta nel detto borgo de’ Vasarii, murata da me, voglio che detti signori Rettori la faccino per loro Pr[ovedito]re la faccino ogni anno vedere et bisogniando spendervi niente per rassettalla non lo facendo chi l’abita et tutto de’ frutti della eredità spendendovi ogni anno scudi quatro et se più bisogniassi et non si spendendo quell’anno si serbino per quegli anni che n’arà di bisognio successivamente per poterne fare altri bonificamenti secondo che sarà dichiarato da loro.
21. Item che i bestiami che si troverranno di tutte le sorti così in Frassineto come altrove dove ne fussi della eredità così cavallini, mulini, vache, buoi, pecore, capre, porci, asini che si troverranno alla mia morte in mano de’ lavoratori o altri, si mantenghino di mano in mano nelle mani di chi vi starà per la stima et degli utili se ne serva per la eredità né si sciemi il numero ma più tosto si augmenti perché intendo che detti bestiami stieno per utilità de’ poderi et non per comodità d’altri et ogni volta che n’entervenissi disgratie, come suole acadere, si riprovegga con utile delle possesioni perché non voglio che diminuischino per vendite o per farne comodità d’altri, ma solo per utile della eredità, il quale avanzo serva et se ne dispongha come diremo di sotto.
22. Considerato ch’el sesso feminile è il più debole et n’ha minore aiuto, et ha bisognio per condurlo a perfettione di magior governo, però quando di queste entrate di bestiami con staia cento di grano che ogni anno si potessi cavare finito i legati et venduto il grano si possono porre detti danari nel cassone della Fraternita, i quali stessino lì in nome delle dote prima delle figliole di ser Piero se n’avessi, o di quelle de’ figlioli suoi se n’averanno et ciò vadia in infinito per istirpe. Et non ce ne essendo in casa de’ Vasari si possa beneficare le figliole di Vanni Pecori et di Lutio Punini se n’averanno per darle secondo che sarà dichiarato da esecutori per aiutare chi n’avessi magior bisognio et non sendo d’accordo e’ signori Rettori, a queste di Vanni et Lutio ci abbino a por mano o per maritarle o farle monache et la minor somma sia fiorini dugento di lire 4 soldi 5 per fiorino. Et caso che non ce ne fussi in nella linea loro le femine, ci è la Verginia Punini et l’altra, s’ella si maritassi, figliole della Lucretia mia sorella, vadino successivamente a loro. Et in caso che manchi queste linee de’ Vasari e delle nipoti, allora i signori Rettori della Fraternita possino di mano in mano maritarne povere fanciulle, buone ma miserabili secondo che parrà loro et si paghi lor detta dote la mattina di san Giorgio.
23. Apresso voglio che de’ figlioli di ser Pietro et suoi discendenti per linea legittima, quello che sarà dottore o in qualche virtù di lettere o di disegnio abbi nella casa mia il primo luogo cioè uno apartamento a suo (sic) scelta ma che per pari portione ogniuno de’ figliuoli di ser Piero s’intenda avere la sua parte, con questo che la casa non si divida mai con mura né mattoni sopra mattoni od altro. Et se non possono reggiere insiemi faccino con tavolati per non guastar detta casa.
24. Item lascio alla Gherarda dal Monte San Savino mia serva, fiorini venticinque, et alla Madalena fanciulla negli abandonati altri fiorini venticinque di lire 4 soldi 5 per fiorino quando si mariterà o farà monacha, et a l’altre serve purché ci sieno state uno anno, fiorini cinque simili. Et a i servidori che ci saranno, se aranno passato 3 anni, scudi otto per ciascuno da pagarsegli come piacerà agli esecutori del testamento.
25. Item voglio che della villa di Montui et o da l’atra villa, se non fussi mia libera, quando sarò morto si conduchino tutte le masseritie nella casa di Fiorenza, di quella in Arezzo nella casa da San Viti, le quali restino per fornilla et fornire le ville d’Arezzo né se ne possa vendere né farne alcuno contratto senza l’intervento et licentia de’ tutori et esecutori e chi contrafarà a questo s’intenda privo di dette masseritie.
26. Item essendoci debiti e’ quali o per iscritti di mia mano o per richordi mia aparischino, si paghino, altrimenti no, per avere sodisfatto, et di tutti quegli che aranno avere ce ne sarà ricordi di mia mano. E si faccia de’ danari che resteranno della mia eredità, e non non ce n’essendo, si veghino di paghare con più comodità della eredità che possibil sia e de’ frutti senza tochare cosa immobile etc. E quanto a’ danari rimanendone nella mia eredità in contanti doppo la satisfatione de’ debiti, si rispendino in beni inmobili, et mentre non si rispendino si dipositino in luogo sicuro per fare questo effetto. E’ quali beni da conprarsi sieno sottoposti al medesimo fidei comisso et obligatione del non si potere alienare, et nel medesimo modo che degli altri ho disposto.
27. Item che venendo la eredità mia nella Fraternita, delle entrate, satisfatti che saranno e’ legati, particolarmente in questo testamento ordinati, sene faccia duo parti eguali, una delle quali serva per far dote per maritar fanciulle secondo che disporanno i signor[i] Rettori. Et questo intendo e stante fermo quel che è ordinato de’ figlioli et discendenti delle mie sorelle et d’altri. L’altra parte si distribuisca a’ scolari, che stieno a studio fino che sieno dottorati, intendendo che sieno aretini et poveri et ben nati, essendoci de’ parenti o della linea delle sorelle i primi ricogniosciuti, come ho detto di sopra etc.
28. Con proibitione tanto agli instituti quanto a’ sostituti eredi che né per loro né per altri in alcuno modo possino vendere o alienare, inpegniare, premutare o per alcun tenpo lungho adlogare, dichiarando in lungho tenpo lo spatio da cinque anni in su, di tutti e’ beni istabili presenti et futuri et aquistati da me quanto da aquistarsi. Et caso che i figlioli miei o quegli degli eredi sostituti contrafacessino a questa parte, in tal caso voglio che quella portione allienata ricaschi a quella parte di loro, che non arà alienato. Et caso che tutti tra loro convenissino o s’acordassino o dessino licentia, in tal caso ricaschi subito alla Fraternita d’Arezzo coi carichi sopradetti: et caso che detti beni si vendessino per i Rettori di detta Fraternita, overo che consentissero alla ali[e]niatione come di sopra, ricaschino subito allo Spedale degli Innocenti di Fiorenza, co’ medesimi carichi et con la medesima pena. Et caso che detto Spedale contrafacessi, ricaschino subito alla fabrica di San Piero di Roma nel medesimo modo e coi medesimi oblighi.
29. Tutori et curatori et ssecutori (sic) del presente testamento et de’ miei figlioli et di detta eredità costituisco et fo la Niccolosa Bacci, mia consorte, fino che non si rimarita, el Reverendo Don Vincentio Borghini, Spedalingho de’ Nocenti, et successivamente che sarà nel suo luogho, ser Piero Vasari mio fratello, il Signor Bernardetto et Messer Alessandro di Messer Ottaviano de’ Medici, Stefano Veltroni dal Monte San Savino mio cugino, Messer Nerozzo Albergotti, Messer Piero Bacci, et quatro di loro basti, con l’intervento però del signor Spedalingho degli Innocenti sempre, et resti di mano in mano chi sopravive, et mancando tutti sieno i Rettori della Fraternita di Arezzo; né voglio che questo testamento si legga o vegga fino che sarò morto, ma stia in mano del signor Spedalingo degli Innocenti sigillato con questo segnio X [due triangoli chiusi in alto], per aprirsi doppo la morte mia et eseguirsi quanto contiene.
Et questo dico et affermo esser la mia ultima volontà et testamento, e vaglia per testamento, e se non per via di testamento vaglia per via di codicelli, et se non per via di codicilli, vaglia per via di donatione per causa di morte overo per qualunque altro miglior modo, via, ragione o forma per la quale et per le quali di ragione et sosistere, perché questa è la mia pura et mera volontà et per fide io l’ho scritto tutto di mia propria mano agiugniendo, se di sopra non fussi bene espresso, replico di nuovo che tutti quelli oblighi et legati lasciati di sopra che fussino da qui innanzi da me satisfatti o adenpiuti, s’intendino essere finiti e lla eredità, ne resti libera osia dote o sia qualunque altra cosa et oltre averlo io scritto di mia propria mano et sottoscritto, ho voluto sia ancora cautelato da publico notaio et da sette testimoni particolarmente pregati da me a voler essere testimoni a questa mia ultima volontà, cassando particolarmente ogni altro testamento fatto da me et in specie uno sotto dì 25 marzo 1566 che fu confermato et stabilito da me nello Spedale degli Innocenti in presenza di sette testimoni et sottoscritto da ser Raffaello di Santi da Palazzuolo, notaro publico fiorentino, et io Giorgio Vasari ho scritto questo di mia propria mano, et medesimamente ho sotto scritto in fede di quanto ho detto di sopra.
Et notisi che il cancellato et rimesso di sopra nel capitolo diciotto et fatto da me et di mia mano, il che sia detto qui per levar via ogni dubbio et voglio che detto ser Raffaello sia rogato di detto testamento et ultima volontà fatto et scritto oggi 25 dì di Maggio 1568 nello Spedale degli Innocenti detto, in camera del Reverendo signor Spedalingho, in presentia di Sua Reverentia et degli infrascritti testimoni presenti et audienti et intelligenti a tutte le sopradette cose, ci[o]è li venerabili:
ser Gostantino d’Allessandro Antinori
ser Francesco di Giovanni Gelli
ser Giovanni di Lorenzo Lavoratori
ser Niccolò di Chimenti Pavolozzi
ser Pasquale di Berto Rossetti
ser Bastiano di Allessandro Anbrogii
Francesco di Alessandro Ticii
Francesco di ser Stefano Morandino da Poppi
Preti fiorentini numero sei et dua franeschi laici. Testimoni come di sopra chiamati da me a questa mia ultima dispositione et volontà, et di detto ser Raffaello serva per notaio fiorentino, qual voglio che sia rogato di questo mio ultimo testamento, come di sopra, qual voglio che resti sigillato et secreto apresso il detto reverendo signor Priore fino alla morte mia inclusive.
La trascrizione è tratta da: Nicoletta Baldini, «Con molte altre nobili pitture, sculture e marmi antichi». Le vicende della collezione di opere d’arte di Giorgio Vasari attraverso nuovi documenti d’archivio, in Giorgio Vasari. La casa, le carte, il teatro della memoria, Leo S. Olschki, Firenze, 2015