E’ a partire da questo periodo, e da questa raggiunta posizione, che egli si impegna, in particolare negli anni che vanno dal 1566 al 1568, nella riorganizzazione e nella riconfigurazione della sua personale storia e memoria.
Di questa riconfigurazione fanno parte alcune azioni significative: nel 1568 dà alle stampe la seconda edizione delle Vite chiudendola con la sua Autobiografia, in cui svolge compiutamente il tema della predestinazione della sua vocazione artistica e del suo rapporto privilegiato con i Medici; delinea nelle Ricordanze, che dichiara di aver iniziato a scrivere appena sedicenne, dopo la morte del padre Antonio, avvenuta nel 1527, la parabola dell’artista che, partito da esordi difficili, riesce con la sua Virtù e il suo ingegno a conseguire Fama e benessere; utilizza, per autocelebrarsi e autorappresentarsi, anche i documenti del suo archivio: le lettere del Giovio e del Caro in cui si parla della fama imperitura che gli verrà dalle Vite e le lettere che gli ha inviato Michelangelo che testimoniano la sua amicizia con il più grande degli artisti contemporanei (lettera Michelangelo a Giorgio Vasari del 19 settembre 1554, Museo Casa Vasari Arezzo, Archivio Vasari, , 12 (46), cc. 9r-10v).

Frontespizio delle “Ricordanze”, Museo Casa Vasari Arezzo, Archivio Vasari 30 (64), c.1r
Fulcro di questo apparato celebrativo, di questa sorta di “macchina della memoria” è la casa di Borgo S. Vito in Arezzo che Vasari ha costruito e decorato personalmente dal 1540 in poi e che completa proprio nel 1568 con i ritratti dei pittori che gli furono predecessori e maestri, effigiati negli ovali della Camera della Fama: il bisnonno Lazzaro, che da pittore di selle promuove a capostipite di una progenie di artisti, Luca Signorelli, Spinello aretino, Bartolomeo della Gatta, Michelangelo, Andrea Del Sarto ed, infine se stesso.

Museo Casa Vasari Arezzo, Sala della Fama e delle Arti, Giorgio Vasari, autoritratto © SABAP per le province di Siena Grosseto e Arezzo. Foto: Alessandro Benci.
Il testamento olografo del 25 maggio 1568, che l’artista consegna sigillato nelle mani dell’amico Don Vincenzio Borghini, suggella questa complessa operazione di costruzione e trasmissione della memoria, vincolando, con l’istituto giuridico del fidecommesso, gli eredi diretti (e nel caso di estinzione della linea maschile della famiglia, anche la Fraternita di Santa Maria della Misericordia di Arezzo, designata erede universale) al mantenimento di tutto il complesso dell’eredità vasariana, in primis della casa di S. Vito che non poteva essere affittata per periodi superiori a cinque anni, né divisa “mai con mura né mattoni sopra mattoni o d’altro”.